Emozioni, un turbinio di emozioni quando pensiamo a nostro figlio, unico per destino non certo per volontà. Combattente già dal primo giorno: era più morto che vivo, ma dal carattere così forte ed ostinato che gli ha permesso di riprendersi in un paio di giorni, nonostante i medici ci avessere detto che probabilmente non avrebbe superato la notte. L’esito è stato “affetto da SD”; credo – prosegue la mamma Claudia – che in ambito ospedaliero, se non abiti a Milano o Roma, ci sia molto da fare in merito al supporto psicologico e pratico da dare alle famiglie. La sua prima parola non è stata mamma o papà, ma: “No”; a distanza di anni la “solfa” è un pò cambiata, ma la cocciutaggine e quella sottile voglia di provocarti per avere la massima attenzione, persiste. Va a giornate e d’altronde, come per tutti noi, non tutti i giorni sono uguali. Ci chiedono: “Com’è Matteo?”, lui è burlone, dispettoso, simpatico, bello come il sole, omertoso, giudizioso, “potrebbe dare e fare di più”, “grande” solo quando gli fa comodo, più per i piaceri che per i doveri. Matteo è molto sensibile, ancora ricordo quando all’età di 10 anni, pur esprimendosi con poche parole, toccandomi la pancia, mi disse: “piangi per bimbo, non c’è…”; è una persona adorabile, ogni volta ci accoglie a casa con un abbraccio e un sorriso che spazzano via anche le peggiori giornate.
Le difficoltà
Poi – prosegue la mamma – non neghiamo l’evidenza con le solite retoriche, ci sono i limiti. Limiti di pensiero, di ragionamento, reali e quotidiani che rendono alcune giornate pesanti e frustranti per tutti, per lui, per noi, per gli educatori. Così come i momenti in cui io “ringrazio” che abbia questi limiti, perchè se lui negli anni avesse colto certe sfumature, di persone anche a lui vicine, avrebbe sofferto, ci sarebbe rimasto molto male. In particolare, ricordo di un brutto episodio, accaduto, circa una decina di anni fa, in vacanza durante il quale è stato isolato così in malo modo, umiliato non con le parole ma con i gesti, gli atteggiamenti, che una delle ultime sere l’abbiamo trovato in un angolo che piangeva a dirotto disperato. Cercava una ragione, una spiegazione che non c’era, che non c’è, se non imputabile alla cattiveria gratuita di ragazzini annoiati e la cecità di molti, troppi adulti. In altre situazioni invece, sono convinta che “non ci è, ma ci fa” , ma se questo lo aiuta a vivere meglio, non possiamo certo essere noi quelli che devono convincerlo per forza del contrario. Ognuno di noi si crea le proprie illusioni e spesso la verità è che non dovremmo sentirci autorizzati ad “obbligarli” a “fare” quello che noi riteniamo sia giusto. Matteo ha, da sempre, grosse difficoltà, oggettive, di linguaggio: difficoltà di produzione verbale e una marcata balbuzie che non lo agevolano nei rapporti interpersonali; essendo poi molto emotivo, forte è sempre la sua “richiesta” di gratificazione e rassicurazione. In questo ultimo anno è migliorato notevolmente, riesce ad esprimersi meglio soprattutto in famiglia e “prende l’iniziativa” nel voler dire qualcosa, a volte qualsiasi cosa, ma questo per lui rappresenta un grande traguardo. Al di fuori invece, non riuscendo ad interagire verbalmente, tende ad isolarsi oppure, quando particolarmente interessato e stimolato, ricerca il contatto fisico con abbracci , baci e sorrisi. Per Matteo la mediazione da parte dell’adulto, inteso quale volontario, amico, educatore o tecnico, è fondamentale per permettergli di poter tirar fuori il suo “io migliore” e fare gruppo. Matteo è un grande osservatore, è intuitivo verso chi lo circonda e coglie, senza darlo a vedere, molte sfumature.
Il desiderio di autonomia
Analizzando i sui 25 anni di vita, ritengo – racconta la mamma – che sino ai 13-14 anni sia stato tutto o quasi in discesa, dall’asilo alle elementari, fino alle medie, abbiamo incontrato sempre tante persone che lo hanno supportato nel suo percorso di crescita scolastica e non solo, cercando di far emergere, con tanta fatica, da entrambe le parti, il meglio, quello possibile, di Matteo. Poi negli anni a seguire, anche se alle superiori, almeno all’interno del polo scolastico, Matteo ha vissuto dei bei momenti con tanti ragazzi, via via tutto è cambiato. Inizia il distacco, netto: “gli altri” crescono e iniziano a prendersi quelle libertà che lui, anche se piccole, ha iniziato a prendersi solo da qualche anno. Che traguardo per lui, uscire da solo per prendere un caffè, comprare un giornale, seppur con le annesse difficoltà legate alla gestione ed alla comprensione del valore del denaro, andare al centro di Servizio Formazione Autonomia, per fortuna vicino casa, e andare dalla nonna. Non solo, se necessario, tenere le chiavi di casa, per tornarci da solo e restarci anche 3-4 ore: “Ah che bello, oggi sono io il Re della casa”, ti confida in videochiamata. E potrebbe o meglio ci piacerebbe, potergli far fare qualche “chilometro” in più, ma gli eventi quotidiani ci portano ad essere molto frenati nel spingerlo “oltre”. Inutile negarlo, tutti noi, in questi anni, abbiamo per i figli “timori” che non abbiamo mai vissuto, ma per “loro” li abbiamo ancora di più. Un timore dovuto al fatto che, pur avendo consapevolezza dei propri limiti, sono realisticamente più ingenui, buoni d’animo e indifesi, anche quelli che si mostrano forti, fieri e padroni del mondo.
L’incontro con Special Olympics
Matteo – ricordano i genitori – ha iniziato a praticare equitazione all’età di circa 5 anni, un’attività che insieme alla psicomotricità, la logopedia ed il teatro, è entrata dapprima a far parte della sua routine settimanale fino a diventare parte integrante e attiva della sua vita: quella parte che più lo fa sentire bene, soprattutto con sè stesso. Tutto è iniziato con un progetto del Comune, gestito dall’ Associazione Sportiva, nonché team Special Olympics, “I Quadrifogli” e dall’entusiasmo della Responsabile, Grazia Andreani, che ancora oggi continua a promuovere ed a partecipare con i nostri ragazzi a molteplici attività ed eventi sportivi, sul territorio e non, legati a Special Olympics.Poi è iniziato il nuoto, prima ludico e poi agonistico, con i tenaci e caparbi istruttori Ricky e Marco e le prime gare, quelle vere intorno ai 12 anni: le prime medaglie e la consapevolezza di essere bravo “in qualcosa”. Di arrivare primo e sentirsi dire “bravo”, ma non da mamma e papà, e mostrare a scuola, agli “amici” i suoi traguardi. E finalmente la prima partecipazione e trasferta ai Giochi Nazionali Estivi di Special Olympics a Chieti. Era il 2007, aveva 13 anni e mezzo: una vera conquista per il suo animo libero e ribelle. Scopriamo subito il significato degli eventi di Special Olympics: respiriamo un’atmosfera serena, felice, tutti si salutano, alcuni atleti, li vedi subito, sono di casa, altri invece si guardano intorno un pò spaesati, ma immediatamente trovano un volontario pronto a dare una mano, a porgere un sorriso. Dall’equitazione, Matteo sperimenta il bowling, gioco singolo e di squadra: altre sfide, altri amici, altre giornate e serate piene di emozioni. E poi il Tennis tavolo con la partecipazione ad un evento in Slovenia, e il calcio,sicuramente quello che gli è meno congeniale tra tutte le attività, anche se il più appagante dal punto di vista della convivialità. Dulcis in fundo, l’atletica leggera, con i 100mt, la staffetta 4×100 e il salto in lungo: è stato emozionante, durante gli ultimi Giochi Regionali a Vigevano, vederlo richiamare l’attenzione degli spettatori sugli spalti battendo le mani, così come ha visto fare da diversi atleti in tv durante le gare.
Un importante strumento di crescita
In questi 12 anni di partecipazione – concludono i genitori – Matteo ha imparato molte cose: la disciplina, dall’alzarsi presto per partire ed andare a gareggiare, all’aspettare con pazienza i turni dei preliminari, delle finali, delle premiazioni, così come i turni per i pasti, la condivisione delle vittorie e delle sconfitte con il resto della squadra. Soprattutto ha imparato a far trapelare ed a volte ad incanalare le emozioni, sempre così difficili da manifestare agli altri e spesso anche a noi stessi. Ha imparato insieme a noi che è bello partecipare alle Convention, preparare il materiale da distribuire, ad appendere gli striscioni lungo le vie cittadine, a fare da padrone di casa accogliendo le altre squadre, durante i tanti eventi Special Olympics organizzati nel nostro territorio.
Se qualche anno fa, durante le gare, Matteo era più agguerrito ma anche impulsivo, ora è decisamente più sportivo, pacato e riflessivo, ma soprattutto consapevole del valore che avrà per lui partecipare ai Giochi Mondiali Special Olympics ad Abu Dhabi, in programma dal 14 al 21 marzo prossimo. Non dimenticherò mai la sua espressione quando gli è stato comunicato da Grazia che era stato ufficialmente convocato. Ha letto il suo nome e lui ha risposto “eh dai, questa volta tocca a me”, felicissimo l’ha abbracciata forte, forte. In bocca al lupo Matteo: “Che tu possa vincere, ma se non riuscissi, che tu possa tentare con tutte le tue forze” . E noi saremo lì, a tifare a squarciagola per te e per tutti gli atleti che rappresenteranno l’Italia.